Mio Signore e Mio Dio

Nell’augurare a tutti Buona Pasqua, riportiamo la riflessione dell’Assistente nazionale dell’Azione Cattolica, Mons. Domenico Sigalini

+ Domenico Sigalini
Quel sepolcro era vuoto, nessuno s’è curato delle bende, della sindone, del  sudario. Erano là ancora deformati da una presenza ormai sparita, sottrattasi e non  sottratta. Videro e credettero. Che videro per credere? Che hanno osservato per dichiarare in ginocchio, contenti e smarriti, stupefatti e raggianti, impazienti e coraggiosi, un “Mio Signore e mio Dio” come avrebbe  fatto Tomaso la seconda domenica di Pasqua? Che gli hanno fatto intravvedere quei brandelli di stoffa? I verbi che descrivono quello che hanno visto Pietro e Giovanni sono stati scandagliati in tutti i loro significati e tutti concordano nel pensare che proprio queste bende così come erano collocate hanno svegliato in  loro l’avvio di un’altra dimensione, quella delle fede.
Hanno percepito che quel cadavere non solo non c’era più, ma l’unica possibilità di capire qualcosa di quello che era successo era di pensare alla assenza del cadavere, perché vi era scoppiata dentro una vita interiore, una forza invincibile, nuova, eterna, definitiva. Si sono aperti non a un furto del cadavere, non a un risveglio miracoloso, ma a una pienezza di vita che deflagra, non più contenibile in un corpo mortale, ma esaltata in una dimensione nuova. Ogni immaginazione è parsa loro una riduzione di fronte a una verità concreta, travolgente, penetrante e portatrice di pace infinita, che sempre più gli nasceva dentro.
Ecco: “travolgente” è l’azione che vorremmo potesse scatenare il prodigio della risurrezione. Vorremmo essere travolti da questa energia nuova di vita che Gesù ha raggiunto e conquistato per tutti. Vogliamo seguire questo Gesù di nuovo, in maniera più profonda. Tante volte abbiamo giocato al cristianesimo, ci siamo illusi di averlo compreso e lo abbiamo ingabbiato nei nostri asfittici orizzonti. L’abbiamo ridotto a religione soltanto, senza scorgervi la forza dirompente di una decisione d’amore. Ne abbiamo elencato regole e paletti, tradizioni e usanze, morali e raccomandazioni. Ci avevamo messo sopra la pietra del nostro quieto vivere, di qualche bolso sospiro, di qualche intimistica convinzione.  Abbiamo chiuso la sua sequela nei passi incerti di un alunno che resta sempre un po’ meravigliato di un maestro, ma non disposto a scommettere tutto sul suo insegnamento, e alla fine su di lui.
Vogliamo riprendere la vita, caricarci le nostre croci; non saranno mai maledizioni, ma segnali verso una vita nuova; non saranno dolori insormontabili, ma passi di guarigione. Abbiamo imparato soprattutto non la forza del diritto, l’equazione della giusta retribuzione, ma la decisione dell’amore. Ci vogliamo fare carico del male, come l’ha fatto lui; ci vogliamo fidare di Dio Padre, come Lui; vogliamo avere nel cuore solo l’ardore di Lui, Gesù il Risorto.

dal sito www.azionecattolica.it